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Le differenze tra contratto a tempo determinato e indeterminato

Differenze tra contratto a tempo determinato e indeterminato

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Il rapporto di lavoro subordinato si basa su un accordo scritto tra chi assume e chi è assunto, il contratto, che deve essere redatto a norma di legge. In Italia, esistono una miriade di tipologie contrattuali per il lavoro dipendente, ma oggi andremo a parlare delle due principali: il contratto a tempo indeterminato e quello a tempo determinato.

In che cosa si differenziano? Quali sono le implicazioni legali dell'uno e dell'altro? E i vantaggi e svantaggi? Vediamo le risposte a tutte queste domande nella nostra panoramica.

Il contratto a tempo indeterminato

Un tempo l'unica forma contrattuale presente nel mondo del lavoro italiano – salvo pochi casi strettamente limitati – il contratto a tempo indeterminato non è altro che un contratto di lavoro di tipo subordinato di durata illimitata. Vale a dire che non ha una scadenza prefissata e non può essere interrotto dal datore di lavoro se non in specifiche circostanze.

Prevede un periodo di prova della durata massima di sei mesi e tutta una serie di diritti in parte stabiliti per legge e in parte indicati dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL, di cui parleremo meglio più avanti). Tra tali diritti i più importanti sono:

  • congedi (ad esempio quello di maternità o di paternità)
  • ferie, non inferiori a quatto settimane all'anno
  • permessi
  • diritto alla retribuzione e alla conservazione del posto di lavoro in caso di assenza per malattia
  • trattamento di fine rapporto (TFR)
  • tredicesima e quattordicesima
  • scatti di anzianità

Oltre a quanto stabilito dalla legge, il contratto a tempo indeterminato può prevedere delle condizioni esclusivamente migliorative in base al CCNL di applicazione. Le condizioni del CCNL possono poi essere ulteriormente migliorate da una contrattazione individuale.

Come terminare un contratto a tempo indeterminato

Il contratto a tempo indeterminato prevede delle forti limitazioni ai casi in cui il datore di lavoro può rescindere il rapporto di lavoro. La rescissione può avvenire in via individuale o collettiva (quando viene licenziato più di un lavoratore).

In via individuale, il licenziamento può avvenire solo per giusta causa (gravi comportamenti del lavoratore, come furti), giustificati motivi soggettivi (detto licenziamento disciplinare, ad esempio in caso di assenze ingiustificate) o giustificati motivi oggettivi (come una riduzione dei dipendenti dovuta a una crisi dell'azienda). Il datore di lavoro deve inoltre pagare un'indennità di disoccupazione.

Anche il licenziamento collettivo è strettamente normato a specifici casi in cui i licenziamenti sono connessi a una riduzione o trasformazione dell'attività.

Dal punto di vista del lavoratore, questo può sempre porre termine al contratto a tempo indeterminato rispettando delle tempistiche di preavviso previste dal contratto stesso, dalla qualifica e dall'anzianità del lavoratore.

Nota:

Durante il periodo di prova, il contratto può essere terminato senza preavviso sia da parte del datore di lavoro che del lavoratore, con una semplice comunicazione scritta.

Il contratto a tempo determinato

Introdotto con il famoso “pacchetto Treu” del 1997, il contratto a tempo determinato è un contratto di lavoro subordinato che deve esser redatto in forma scritta e a norma di legge, che prevede una data di scadenza al momento della stipula. In assenza di altre azioni, il contratto cessa automaticamente al momento della scadenza prefissata.

Anche se i lavoratori mantengono i diritti previsti dal contratto a tempo indeterminato, questi sono proporzionali alla durata del contratto. Allo stesso modo è proporzionale anche il periodo di prova.

Per quanto riguarda la rescissione di un contratto a tempo determinato, questa non è di norma prevista oltre il periodo di prova e occorrerà giungere a un accordo tra le parti. In assenza di tale accordo, il datore di lavoro può rivalersi sul lavoratore, in una misura proporzionale al periodo contrattuale non lavorato.

I limiti del contratto a tempo determinato

In quanto tipologia contrattuale che esula dal contratto a tempo indeterminato – che dovrebbe essere la forma contrattuale “base” - il contratto a tempo determinato prevede diversi limiti di impiego.

Per prima cosa, deve avere una durata minima di 12 giorni e una durata massima di 12 mesi. Può essere rinnovato per un massimo di quattro volte, ma sempre entro un limite di 24 mesi totali. Ad esempio, è possibile assumere un lavoratore con due contratti di tre mesi, uno di sei mesi e uno di un anno. In alcuni casi specifici – come la pubblica amministrazione, l'università, gli enti di ricerca pubblici o privati e le startup – tale limite non si applica.

Oltre i 12 mesi, tale rinnovo può avvenire solo in caso di:

  • esigenze aziendali eccezionali, di durata temporanea e oggettive
  • sostituzione di altri lavoratori (ad esempio in caso di congedo di maternità)
  • incrementi temporanei, non programmabili e significativi dell'attività ordinaria

Il contratto di lavoro può dunque essere rinnovato (entro la durata massima di 24 mesi) se si verificano le circostanze di cui sopra e con il consenso del lavoratore. Tuttavia, il rinnovo deve avvenire dopo un periodo di interruzione di 10 giorni per i contratti entro i 6 mesi, e di 20 giorni per quelli di durata superiore. Inoltre, la proroga deve riguardare la stessa attività lavorativa del contratto precedente.

Inoltre, il numero di lavoratori assunti con contratti a tempo determinato all'interno di un'azienda con più di 5 lavoratori è limitato per legge al 20% della forza lavoro a tempo indeterminato attiva al Primo gennaio dell'anno di assunzione, salvo ove i contratti collettivi prevedano delle eccezioni. In caso di aziende con massimo 5 lavoratori, tale limite non si applica.

Altro importante limite è costituito dal cosiddetto diritto di precedenza, vale a dire il diritto del lavoratore a tempo determinato assunto da almeno 6 mesi di avere la precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato all'interno della stessa azienda. I 6 mesi che danno accesso a tale diritto vengono conteggiati, per le lavoratrici, anche qualora parte del tempo sia trascorso in congedo di maternità.

Nota:

È importante sottolineare che per la sua natura specifica, il lavoro di tipo stagionale non segue le comuni regole che si applicano al contratto a tempo determinato di altra tipologia.

Quando il contratto a tempo determinato è illegale

Non è possibile utilizzare il tempo determinato nei seguenti casi:

  • per assumere lavoratori che ricoprono le stesse mansioni di altri che si trovano in cassa integrazione
  • laddove il datore di lavoro non ha effettuato la Valutazione dei Rischi in materia di salute e sicurezza dei lavoratori
  • per rimpiazzare dei lavoratori in stato di sciopero
  • in caso di assunzioni in luoghi di lavoro nei quali sono avvenuti dei licenziamenti collettivi nei 6 mesi precedenti.

Quando il contratto a tempo determinato si trasforma in contratto a tempo indeterminato

La legge prevede una trasformazione del contratto a tempo determinato in indeterminato nei seguenti casi:

  • dalla quinta proroga
  • laddove viene superato il limite massimo di 24 mesi
  • se non vengono rispettati i giorni di interruzione tra i rinnovi
  • se l'azienda non ha disposto il Documento di Valutazione dei Rischi
  • se vengono violate le altre condizioni limitative (sostituzione dei lavoratori in sciopero o in cassa integrazione, ecc)
  • se il contratto non è avvenuto in forma scritta
  • se la data di conclusione è stata inserita successivamente all'apposizione della firma
  • se il rapporto di lavoro prosegue di fatto oltre la scadenza del contratto e oltre i 30 giorni da tale scadenza se il contratto è inferiore ai 60 mesi, 50 giorni se è superiore.

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Principali differenze tra contratto a tempo indeterminato e determinato

Come avrai ormai notato, la principale differenza tra i lavoratori a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato è che per i primi non esiste una data di scadenza del contratto di lavoro.

A parte questo, le maggiori differenze sono:

  • il periodo di prova, che deve essere proporzionato alla lunghezza del contratto in caso di tempo determinato
  • la rescissione del contratto, che è molto più semplice per il lavoratore in caso di contratto a tempo indeterminato
  • le limitazioni d'uso, che sono molte in caso di contratto a tempo determinato.

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro

Vale la pena spendere qualche parola su una peculiarità della disciplina del lavoro italiana, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro o CCNL. Quest'ultimo è un contratto di lavoro (che può essere a tempo determinato o indeterminato) che si applica a tutti i lavoratori di una determinata categoria. Ad esempio, commercio, settore metalmeccanico, settore agricolo e così via.

Le condizioni incluse in tale contratto vengono stabilite a seguito di una contrattazione tra le parti sociali, ovvero i rappresentanti dei lavoratori (i sindacati) e quelli dei datori di lavoro (Confcommercio, Confindustria, ecc). Tali condizioni possono solo essere migliorative rispetto a quanto stabilito dal Codice Civile, e possono essere superate, sempre in senso migliorativo, dai contratti individuali dei singoli lavoratori.

Nel CCNL sono stabiliti, tra gli altri:

  • i diversi livelli di inquadramento dei lavoratori in base alle loro mansioni
  • i salari legati a tali livelli
  • ferie, permessi, scatti di anzianità
  • regole relative a dimissioni, preavviso, periodo di prova.

Pro e contro di ciascuna tipologia per i lavoratori

Non c'è alcun dubbio che il contratto a tempo indeterminato sia la tipologia più vantaggiosa per i lavoratori. Non solo offre la stabilità necessaria per fare progetti di vita come, ad esempio, richiedere un prestito per l'acquisto di una casa, ma elimina lo stress e l'incertezza legati al rinnovo.

Inoltre, mentre con un contratto a tempo determinato se il datore di lavoro desidera interrompere il rapporto non deve fare altro che attendere la scadenza, nel contratto a tempo indeterminato il licenziamento può avvenire solo entro limiti specifici.

Il contratto a tempo determinato rappresenta, sostanzialmente, un vantaggio solo per i datori di lavoro, che possono così beneficiare di una forza lavoro temporanea per far fronte a picchi di attività, sostituzione di lavoratori e altre casistiche.

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FAQ

  • Quali sono le principali differenze tra contratto a termine e contratto a tempo indeterminato?

    La differenza più importante è naturalmente la presenza di una data di scadenza nel caso del contratto a tempo determinato. Altre distinzioni riguardano il periodo di prova, le norme che riguardano il licenziamento e le dimissioni, e le limitazioni per quanto riguarda l'impiego del contratto a tempo determinato.

  • Quale tipo di contratto offre maggiore sicurezza lavorativa?

    Il contratto a tempo indeterminato offre senza alcun dubbio maggiore sicurezza al lavoratore, dal momento che questo può essere licenziato solo in determinati casi, mentre può dimettersi con una certa facilità.

  • In che modo i benefit differiscono tra i due contratti?

    Ferie, permessi, salario, tredicesima e quattordicesima, TFR e così via sono uguali nelle due tipologie contrattuali, anche se ovviamente sono proporzionali alla durata del contratto.

  • Un contratto a termine può essere trasformato in indeterminato?

    Sì, un contratto a termine può essere trasformato in indeterminato alla scadenza per volontà del datore di lavoro e del lavoratore, o a seguito alla violazione delle norme sul lavoro.

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