Abbiamo una brutta notizia da darvi. L’Italia, purtroppo, occupa il 20esimo posto nella speciale classifica che prende in esame il livello di digitalizzazione del tessuto socio-economico dei 27 Stati membri dell’UE (Digital Economy and Society Index). Dal report emerge un dato non troppo lunsinghiero. Infatti il 42% dei cittadini italiani tra 16 e 74 anni ha competenze digitali di base, ma la media europea è del 58%. Va anche peggio se guardiamo alle skill avanzate, dove solo il 22% le possiede, contro il 33% della media europea.
Inevitabilmente, poi, queste carenze si riflettono anche nel mondo lavorativo, dove la situazione delle aziende italiane non è di certo rosea quando si parla di tecnologia e digitalizzazione applicate al business. Il recente report ISTAT “imprese e ICT” ha evidenziato come l’80% delle imprese italiane, con almeno 10 addetti, si colloca ancora a un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ nell’adozione di soluzioni tecnologiche e digitali. Numeri poco incoraggianti che devono far riflettere sul rapporto che, invece, la tecnologia e la digitalizzazione hanno come elemento chiave ed essenziale per lo sviluppo delle PMI italiane.
Una luce in fondo al tunnel, però, si può già intravedere se guardiamo più nel dettaglio all’adozione della firma elettronica in Italia. Forse non lo sapete ma quello italiano è il terzo mercato più importante in Europa. E così l’utilizzo della firma elettronica sembra andare in controtendenza rispetto ai dati che abbiamo visto sopra. Infatti, sempre più società di assicurazioni, così come software house, system integrator e diverse aziende tech italiane, ma anche un discreto numero di agenti immobiliari e imprese del mondo energetico e turistico si affidano a questa soluzione tecnologica per firmare preventivi, ordini, contratti, polizze e pre-contratti assicurativi, mandati di brokeraggio, proposte di assunzione, mandati di vendita immobiliare, contratti d’affitto, informative sulla privacy, lettere d’incarico e molto altro ancora.
Ma adesso vediamo quelli che sono i 3 “fondamentali”, come li chiamiamo noi di Yousign, da prendere in considerazione quando si parla di digitalizzazione aziendale:
Efficienza, ovvero come trasformare un processo da 15 giorni in uno da 15 minuti
Se la tecnologia ci ha insegnato qualcosa è che possiamo non solo fare le cose più velocemente e meglio ma anche in numero maggiore. La digitalizzazione in questo è indubbio che gioca un ruolo importante nell'eliminazione dei cosiddetti ‘colli di bottiglia’, quelle fasi di lavoro che creano una congestione dei flussi lavorativi e provocano ritardi, spesso a catena nei processi produttivi, che essi siano beni o servizi. Volete un esempio concreto? La firma di un contratto può richiedere molto tempo, specialmente se la procedura per farlo richiede la stampa dello stesso, la firma del responsabile e la spedizione al destinatario. A questo punto il foglio viene controfirmato, scansionato in tutte le pagine, conservata una copia del contratto e spedito di nuovo per posta. Bene, con la digitalizzazione questi processi diventano solo scomodi e obsoleti. Con la firma elettronica, per esempio, è possibile firmare in modo sicuro e protetto qualsiasi documento legalmente vincolante, non c'è bisogno di spendere tempo, né tanto meno sprecare risorse, per stampare. Insomma se prima ci volevano 15 giorni per firmare un contratto, ora grazie alla tecnologia e la digitalizzazione bastano solo 15 minuti.
Costi, ovvero come digitalizzare la carta e risparmiare fino al 3% delle entrate
Spesso le spese non essenziali hanno un peso non indifferente alla fine dell’anno sull’economia di un’azienda. Da una ricerca Gartner è stato calcolato che fino al 3% delle entrate di un'azienda viene speso, o meglio sprecato, per la carta. Una montagna di carta che poi una volta archiviata, nell’80% dei casi, non verrà mai più presa in considerazione. Senza considerare che le stampanti hanno bisogno di toner, cartucce e manutenzione. La carta, inoltre, occupa parecchio spazio. Sapete quanto vi può costare l’archiviazione? Può arrivare anche a 120.000 euro l’anno.
Produttività, ovvero come non sprecare 6 settimane per ritrovare un documento
Secondo il Wall Street Journal, i dirigenti trascorrono 6 settimane all'anno alla ricerca dei documenti cartacei persi. Le stime addirittura parlando di 750 documenti l’anno che hanno un costo di ricerca di circa 110 euro ciascuno. Ma potremmo andare avanti ancora dicendo che un dipendente tipo trascorre 2 ore alla settimana per trovare, condividere e archiviare documenti. Sono dati che si commentano da soli e la soluzione è semplice. Digitalizzare.